Non il male vinse quando liberai dalle prigioni le sue schiave addormentate.
da tr@ Schermo & Anim@, Daniela Schiarini
Le schiave addormentate sono le anime e la porta attraverso cui il male entra per soggiogarle sono gli occhi quindi bisogna stare attenti a non sporcare gli occhi, perché se decidi di sporcare i tuoi occhi allora sporcherai la tua anima e il Male su di te avrà sempre più potere. Ripulire la propria anima è possibile? Senza dubbio con una santa confessione – oserei dire da cristiana cattolica! 🙂 Si inizi col preservare gli occhi dal cumulo di oscenità e passo dopo passo si potrà andare Oltre le prigioni dell’anima.
GRAZIE DI AVER VOLATO INSIEME A ME … Buona Poesia a tutti.
Che sia in stile rodeo o fatina di babbo Natale, sono sempre io !
Salve a tutti, la matematica con me è tutta un’altra storia… il martedì! Vi invito a regalarvi 20 minuti insieme a me, che attraverso questo video proverò a condurvi qualche passettino OLTRE LE PRIGIONI DELL’ANIMA.
La terra che calpesti
E poi ti accorgi che le parole non hanno volto
non hanno voce
ma si confondono alle voci
quelle stonate
quelle arroganti
quelle che dicono
o dicono niente.
Accorate e fanciulle
queste parole
raggiungono il cuore
che tenero le accoglie
e le veste
senza sfarzi
né ricami.
Raggiungo l'armonia
che seguì il turbamento
e mi domando
quale fame
si annida fredda
nell'anima
che arde nella sua schiva dolcezza?
La terra che calpesti.
poesia tratta da “tr@ Schermo & Anim@” di Daniela Schiarini
Chiunque lo desidera può condividere a seguito nei commenti, le proprie riflessioni …
Inoltre RICORDO A TUTTI CHE … Domenica prossima, 18 Dicembre 2022 alle ore 10.30 presso il Palazzo Ducale di Sant’Arpino (CE) sala Sanchez De Luna nell’ambito della XII Rassegna Letteraria “SULLE ORME DEL CANTON D’ENEA” si terrà l’evento tr@ Schermo & Anim@ 10 anni dopo, Daniela Schiarini racconta… Dall’arena flegrea al teatro atellano.
Ripercorreremo la nostra storia virtuale e non, fatta di sfide superate, amore e tanta Poesia…
Chi ce l’ha porti il libro per la dedica fedeltà 10 anni dopo
“Buongiorno, sono un medico della terapia domiciliare. Ho letto il suo post, se posso essere di aiuto sono qui.” Era il 19 maggio 2021, ora della Misericordia, quando inaspettatamente mi giunse la notifica sullo schermo del cellulare di un messaggio. Avevo lanciato il mio SOS sul gruppo facebook per le Cure Domiciliari Covid19 soltanto un’ora prima. Per chi ha un po’ di dimestichezza con Messenger sa benissimo che se non si è mai instaurata alcuna connessione di messaggistica o se non si condivide l’amicizia Facebook, i messaggi di probabili sconosciuti sono automaticamente deviati in una cartella, che si chiama “richiesta di messaggi” e che puoi visionare soltanto se la vai direttamente a sfogliare. Il messaggio della dottoressa Luisa supera misteriosamente questa barriera e così sul piccolo schermo del mio cellulare vedo comparire l’icona della sua immagine profilo. Affannata e intontita mi appresto a leggere e prontamente rispondo “Salve e grazie di avermi scritta”. Lo ammetto, io non avrei avuto la lucidità di controllare la cartella “richiesta di messaggi” e questo avrebbe indubbiamente cambiato il corso di tutto ciò che accadde dopo… Soltanto in seguito lessi sul gruppo per Cure domiciliari Covid19 che si esortava gli ammalati che chiedevano aiuto a guardare in quella cartella dove finivano i messaggi dei medici che contattavano pazienti sconosciuti e a distanza. Fino ad allora credevo che questi angeli in camice bianco avessero tutti una via preferenziale, come lo aveva avuto il mio.
Nella prefazione a questo mio libro virtuale avevo anticipato che quest’ultima parte di COVIDivipere, sarà interamente dedicata alla dottoressa Luisa D. – il cui nome è reale e il cognome non scrivo per intero, come lei stessa mi ha chiesto di fare, perché avendo lei rifiutato il vaccino reso obbligatorio per i medici è stata allontanata dal reparto ed esiliata da molti colleghi. Ma questa è un’altra storia e non la racconteremo. L’intera narrazione a seguire sarà una trasposizione reale della chat attraverso cui io e lei abbiamo comunicato e solo in parte resa discorso indiretto, per meri motivi di narrazione.
Luisa si unì a me nell’anima, mi voleva salvare, in me vedeva non solo una giovane donna che il virus stava divorando, ma anche se stessa, tutte le estenuanti ore trascorse in corsia mentre i numeri dei decessi aumentavano vertiginosamente in quel pezzo d’Italia del nord ricoperto da un velo nero; in me vedeva i suoi cari amici e colleghi deceduti a causa del covid e che non era riuscita a salvare; in me vedeva se stessa, sì so che l’ho già scritto, ma lo ripeto con enfasi, perché era guarita anche lei da poco dal covid, per la terza volta. Una battaglia personale col bastardo! 30 anni di professione vissuti onorando il giuramento di Ippocrate, un sorriso per tutti, Luisa era distante da me 1000 km, ma entrò nella mia vita tr@ Schermo & Anim@ proprio come avevo fatto io con la Poesia nella vita di tanti, squarciando il buio di quel mondo liquido che definiscono virtuale: un’anamnesi scrupolosa e poi i suoi consigli e la pazienza nel rispondermi per abbattere quelle mura di solitudine, nelle quali ero intrappolata.
Era trascorsa quasi un’ora dall’arrivo di quest’ angelo nella mia vita, mi sentivo fisicamente stanca e avevo difficoltà a scrivere (da lì a poco la febbre avrebbe nuovamente superato i 39° come accadeva ormai da 9 giorni) così inizio a registrare e inviarle messaggi vocali e dalla mia voce fioca interrotta da quella tosse sorda, la dottoressa capisce che il virus è andato troppo avanti, che la prima fase, quella importante per aumentare le possibilità di guarigione, è stata bruciata dalla vigile attesa e dalla tachipirina che il Ministero della Salute imponeva e lei che conosceva bene il copione di quell’attore mortale, a mia insaputa, decise che non mi avrebbe lasciato sola fino alla fine tentando di trasferirmi finanche la sua energia vitale attraverso quei messaggi, semmai ci fosse riuscita. Ero come intrappolata in un pozzo e Luisa mi teneva in vita parlandomi, perché non mi arrendessi. “Stanotte mi sono avvilita” – le scrissi. “Ci credo! Ma perdersi d’animo non paga, bisogna reagire con forza!” – mi rispose. La ringraziai per il tempo che mi stava dedicando e con voce stanca le spiegai che ad impressionarmi era l’aggressività di un qualcosa – lo definirò poi l’entità– che non ti vuole mollare, che vuole sfinirti per finirti.
Fu allora che Luisa mi prese la mano… Mi invia un messaggio vocale accorato, riascoltarlo mi commuove profondamente dandomi oggi le misure di quel che io in quei momenti non ero in grado di comprendere; mette in gioco se stessa, non solo la sua professione di medico in corsia e lo fa per una sconosciuta a 1000 km di distanza da lei. Luisa aveva perfettamente capito che la differenza tra la vita e la morte avrebbe potuto farla soltanto la mia forza di volontà a non mollare e che avrei potuto farlo da un momento all’altro, sprofondare ancora più giù in quel pozzo per non uscirne più. Il tono è deciso, materno, dolce e determinato al tempo stesso: “Cara la miaragazza, allora…. dimentichiamoci tutto il terrore che ci hanno inflitto in questi mesi che è assolutamente negativo e non serve a nulla. Questa malattia guarisce, guarisce molto velocemente e lo fa soprattutto nelle donne giovani come vedo che è lei. Non si faccia prendere dallo sconforto e se le viene la febbre la tenga, resista il più a lungo possibile perché questo virus muore a 38° e quindi più tempo la riesce a tollerare prima guarirà. Io ho una mia carissima amica che ha avuto 39,6° per tre quattro giorni e ne è venuta fuori splendidamente, senza esiti, senza nulla ed ha 47 48 anni quindi è una donna giovane. Quindi mi raccomando di non perdersi d’animoe beva tanto perché febbre e diarrea portano via tanta acqua e l’acqua serve al nostro corpo per mantenere un’omeostasi di un certo tipo.” Poi il messaggio si interrompe perché oltre il tempo massimo consentito per la registrazione – Messenger era ancora limitato. Ci salutiamo. La sera, passate le 21 mi scrive di nuovo, mi invia la foto di un fulmine che squarcia il cielo scattata dalla sua finestra di casa “Sta arrivando un temporale bellissimo” – mi scrive e così accompagna per un attimo la mia mente fuori da quell’oblio. “Comunque mi è servito tanto parlare con lei. Ho sopportato strane sensazioni ma ho risposto a più riprese . Adesso un po’ di quiete come dopo la tempesta” e allora lei: “Ok Daniela, sono molto carica in questo periodo, voglio trasmettere sensazioni positive. Le voglio mandare tanta energia positiva, il mio entusiasmo, la voglia di guarire Ok? Dai forza!! Solo pensieri belli!
La invitai a darmi del tu e lei accettò con gioia chiedendomi di fare lo stesso. Più ci scrivevamo, più ci riconoscevamo simili come riflessi su uno specchio d’acqua, anime affini e feline come i nostri amati gatti. In quel buio che mi circondava, Luisa era la luce che teneva viva in me la speranza. Mi scrisse il suo numero di telefono e mi disse che avrei potuto chiamarla anche di notte se ne avessi avuto bisogno, invitandomi a far squillare molto il telefono perché se non rispondeva subito era perché sorda! E così, dopo aver dipinto il sorriso sul mio volto, ci augurammo la buonanotte.
La mattina seguente di buon ora la dottoressa D. mi chiese i parametri e come fosse trascorsa la notte. Andava male… alla febbre alta si aggiungeva la saturazione che scendeva, indice che il virus stava avendo la meglio; inoltre sul mio corpo iniziavano a comparire ecchimosi, le vene si laceravano per il forte stress, c’era il rischio molto concreto che stessero per formarsi trombi, il braccio destro mi faceva male e non potevo quasi muoverlo, non mi reggevo in piedi. Quindi Luisa, tempestivamente, mi prescrive l’eparina, che fu la mia salvezza, quella che il medico di base mi aveva negato. La dottoressa non mi molla anzi mi scrive che dobbiamo marcare stretto il virus e dopo aver atteso la mezzanotte per iniettarmi sottopelle la seconda dose di eparina, mi appisolai da seduta sul letto per respirare meglio, con la speranza che mi sarei ripresa, ignara che il peggio doveva ancora arrivare.
………..prosegui la lettura al prossimo capitolo.
NOTA: La scelta narrativa di alternare il tempo passato al presente ha la pretesa creativa, forse presuntuosa, di trasferire al lettore l’immagine in presa diretta – come se fosse spettatore di un film. Daniela Schiarini
Per questo secondo Intermezzo musicale ho l’onore di avere qui con me e per voi il cantautore Pino Daniele e l’attore Massimo Troisi nella loro ultima collaborazione artistica per la pellicola “Il Postino”. Due indimenticabili artisti, poeti del nostro tempo, un tempo che senza loro appare più povero di romanticismo e poesia.
Padova, 19 gennaio 2021 – La vitamina D diminuisce il numero di decessi per Coronavirus e i trasferimenti in terapia intensiva per chi è colpito dal virus. A dirlo sono i risultati del primo studio italiano pubblicato su ‘Nutrients’ coordinato dall’Università di Padova. Il team di ricercatori, che vede coinvolte le Università di Parma, di Verona e gli Istituti di Ricerca Cnr di Reggio Calabria e Pisa, guidato dal professor Sandro Giannini dell’Università di Padova ha infatti evidenziato scientificamente l’effettivo ruolo della vitamina D sui malati di Covid-19.
Funzione protettiva della vitamina D verso gli agenti infettivi
Sono molti gli studi, condotti a livello internazionale, sul ruolo immunomodulatore della vitamina D, che parrebbe svolgere una funzione protettiva verso agenti infettivi. Tuttavia, non vi sono attualmente molte informazioni su come la vitamina D possa influire sull’insorgenza ed il decorso della malattia nota come Covid-19. Molti lavori scientifici hanno associato l’ipovitaminosi D (cioè la carenza della vitamina stessa nel nostro organismo) a una maggiore esposizione alla malattia ed alle sue manifestazioni cliniche più aggressive. Poco era, invece, noto sugli effetti dell’assunzione di colecalciferolo (vitamina D nativa) in pazienti già affetti da Covid-19.
La vipera fu stanata in una notte d’estate o meglio una calda notte che sembrava estate… Non fu il caldo a ucciderla perché il suo covo era un luogo fresco, che le garantiva protezione e buio, come quando non si fa entrare luce in casa. Morì, per quanto avesse voluto allungare la sua vita, nell’esatto istante che Dio aveva deciso per lei al momento in cui l’aveva fatta nascere, consapevole che sarebbe stata una vipera malvagia e che avrebbe strisciato sulla terra in cerca di persone da avvelenare col suo scatto. Morì abbandonata da Dio, che molte volte le aveva dato dimostrazione di essere il suo Creatore e che voleva riportarla alla Luce prima che lei scegliesse di demonizzarsi totalmente. Cosa accadde dunque?
La vipera è uno di quegli animali che può trarre in inganno, perché in quanto serpente si è portati a pensare che sia oviparo invece è ovoviviparo, partorisce cioè i suoi piccoli già formati, no uovo. Per tale motivo la vipera aveva potuto tenere con sé i suoi serpentelli nel covo, impedendo loro di uscire; li aveva obbligati, una volta partoriti, a restare in quel buio anfratto per servirla e questi la servivano e le servivano per sopravvivere, perché provvedevano a tutto: non esitava la vipera a iniettare loro il suo veleno anche per liberarsene quando le stringeva troppo la gola soprattutto se vedeva che, seppur tenuti al buio, quei serpentelli avevano negli occhi la luce di Dio che lei non aveva e allora li spaventava mostrando loro il suo volto da dannata, li minacciava facendole vedere i denti aguzzi se questi volevano seguire il richiamo di Madre Natura; scavava in loro voragini di dolore per farli diventare cattivi, li isolava dal mondo esterno affinché morisse in loro il desiderio di uscire. Non aveva in sé alcun sentimento riconducibile all’amore materno; si sentiva la padrona dei destini di quelle vite che lei aveva espulso fisiologicamente come si fa per gli escrementi e ognuno delle sue piccole vittime cresceva nel covo senza conoscere la Luce, finché nella vita di alcuni sembrò entrare un barlume di possibilità e questi uno a uno iniziarono a pensare di poter fuggire dal covo. Ognuno di quei serpentelli dovette, quindi, pensare solo alla propria sopravvivenza, ognuno dovette superare la paura, trovare la strada per uscire dal covo e vedere il mondo fino a quel momento sconosciuto, ma per farlo dovevano accettare l’atroce patto che la vipera, all’apice della sua cattiveria, propose loro in cambio della libertà (fittizia, perché in verità li avrebbe ugualmente legati a lei, ma erano troppo ingenui per comprenderlo): dovevano accettare di immolare uno di loro, trasformarsi in carnefici di un loro fratello, che sarebbe stato masticato da lei per succhiarne la vita e poi rigurgitato perché restasse in vita senza voglia di vivere, ma solo per servirla. Accettarono e come nell’episodio biblico Giuseppevenduto dai fratelli, sacrificarono la vita di uno di loro per la propria. Come morì la vipera? – vi starete chiedendo. Ebbene Dio sapeva quanto accadeva e quanto male la vipera aveva seminato strisciando. Lui la lasciò nel suo covo, dove lei voleva stare credendo di regnare come una regina seduta sul suo trono, sola di una solitudine più che fisica dell’anima, perché sperimentava l’abbandono di Dio; sola a finire i giorni che non erano nemmeno più i suoi. Dio le tolse da bocca la sua ultima vittima, quella che masticava e rigurgitava per tenersi in vita, quella immolata dai fratelli, quella che era certa di aver soggiogato soffocandone finanche il soffio di Dio, ma si sbagliava amaramente. Non erano una vipera a due teste, lei sarebbe morta miseramente staccata da quella creatura che aveva in tutti i modi cercato di fare sua, tracciandone il misero destino per sostituirsi a Dio. Una vipera stanata, si sa, non può più ledere né cogliere di sorpresa nessuno e il demonio si sa odia l’uomo sebbene questi abbia scelto di demonizzarsi e di servirlo, quindi iniziò a darle un anticipo dell’inferno masticandola e rigurgitandola ogni giorno e ogni notte, da lì all’eternità.
Il virus non mi dava tregua, mi colpiva togliendomi il fiato, rumori simili a ruggiti provenivano dalle mie viscere e la tosse era così forte e sorda che la fascia muscolare dell’addome sembrava si stesse strappando poi il tredicesimo giorno lo espulsi tramite diarrea. E così vinsi la mia battaglia !
A dire degli esperti, la vipera non sempre inocula il suo veleno e per almeno il 30% dei casi il suo morso è “secco” e non sempre la dose di veleno iniettata è causa di sintomi gravi e, comunque, raramente questi sono mortali. Quando si è morsi da una vipera si è assaliti da ansia e preoccupazione, che, con ogni movimento concitato, contribuiscono ad accelerare il battito cardiaco e a diffondere il veleno nel corpo; per lo stesso motivo quella che io definisco l’entità pensante Covid-19 procura al corpo nel quale vuole diffondersi crisi respiratorie simili ad attacchi di ansia, incontrollabili, della durata anche di 3 o 5 ore per favorire la sua invasione nel corpo, il tempio dell’anima. Per alcuni il contagio da Covid-19 arriva quando è il tuo momento di combattere il serpente, una sorta di iniziazione, entrare nei COVIDivipere, schiacciarne la testa diventando il calcagno di Colei che vince il serpente!
IL CONTAGIO E LA MALATTIA
Inizia adesso la mia narrazione…
L’entità arrivò da lontano, mi trovò, entrò nel mio corpo fingendosi altro così da non far scattare alcun campanello di allarme e dopo 11 giorni strisciante nel mio corpo come una vipera si mostrò: una cervicalgia da stress, ero certa si trattasse di questo sebbene il mio gatto sentiva nell’aria altro da giorni, sempre alle 4 del mattino e io pure sospettavo si trattasse di altro perché sentivo una presenza alla destra del mio capezzale che mi svegliava… L’entità è pensante perché ti colpisce seguendo un programma di tortura sistematico, lo fa per ore fino a sfiancarti su più punti vitali. Era una feroce lotta contro una forza che vuole impossessarsi di te indebolendo il tuo corpo, ma soprattutto la tua mente fino allo spirito perché questo cada nell’oblio rinnegando Dio. La sentivo tornare per ricominciare a torturarmi, strisciare fino al petto e poi alla gola per bloccare il mio respiro e innescare crisi di panico continue con la febbre alta che mi stordiva, il sudore freddo, la dissenteria, il ciclo mestruale, la tosse forte…così forte che era impossibile contenere le urine, i muscoli addominali credevo fossero per strapparsi in alcuni punti e tossire diventava dolorosissimo, rumori forti come ruggiti li sentivo provenire dalle mie viscere, non riuscivo mai a riposare. Dopo tre/ cinque ore strisciava via a nascondersi in attesa che il mio corpo collassasse. In quei brevi intervalli in cui avevo tregua provavo a prendermi cura del mio corpo e quando mi guardavo allo specchio vedevo il viso di una persona quasi morta, con due occhi infossati e contornati di nero e mi obbligavo a mangiare per non soccombere. In qualche modo mi preparavo a un nuovo attacco, che arrivava puntuale. Attendevo l’entità coi grani del rosario stretto tra le mani, con lo sguardo puntato sull’immagine del Sacro Cuore di Gesù. Durante quelle ore di tortura chiedevo a Cristo di accettare questa mia sofferenza fisica, per la salvezza delle anime e della Chiesa Cattolica, pensando che era una grande opportunità che mi veniva data, quella cioè di dare senso a tanta sofferenza: sentivo la testa come stretta da una morsa che stringeva e la vista si alterava per la pressione alta, facendomi vedere come tante stelline gialle; sul mio corpo comparivano ecchimosi, scariche elettriche attraversavano il mio corpo dalla testa ai piedi e risalivano dai piedi alla testa, erano onde magnetiche che mi facevano sussultare e questo accadde mentre ascoltavo, dal cellulare accanto a me, le preghiere durante la messa di liberazione e guarigione in diretta streaming dal canale youtube dell’Associazione Madonna di Lourdes. Quando compresi che c’era un nesso tra il virus e l’ora nella quale questo puntuale iniziava a torturarmi chiesi ai miei amici in Cristo di pregare per me e loro pregarono per me e invitarono altri a pregare per me perché sentivano, mi dissero poi, che stavo vivendo qualcosa che va al di là dello scibile… Dopo 13 giorni di tortura, privata pure del sonno e sempre stretta alla preghiera scrissi un post su facebook : ero io stavolta ad aspettare l’entità per affrontarla, perché non mi ero arresa e non mi sarei arresa. Quella mattina non arrivò puntuale alle 4, quella mattina era il giorno solenne in cui si festeggia Maria Aiuto dei Cristiani e la Beata Vergine era giunta in mio soccorso quell’esatto giorno e l’indomani alle 4 del mattino l’entità non mi sveglio dalla destra del mio capezzale, ma diede tre colpi ai miei piedi per poi andar via definitivamente, perché da quella mattina io mi svegliai guarita e tre giorni dopo il tampone molecolare confermava la mia negatività al Covid 19. L’entità era andata via definitivamente uscendo per vie naturali. A lode e gloria del Signore!
E fu così che all’alba del Venti.Ventuno da COVIDivipere furono consegnati all’umanità, a velocità supersonica, dei sieri chiamati vaccini, ma che vaccini ancora non erano perché mai sperimentati e, come si scoprì in seguito, incapaci di immunizzare totalmente dalla malattia. Con la promessa che solo con questo siero l’umanità sarebbe uscita dalla pandemia, come nei più bei lieto fine delle favole, iniziò la sperimentazione e si vide il virus Covid-19 mutare per non estinguersi al punto che più la popolazione si “vaccinava” più varianti si sviluppavano e la fine della pandemia diventava sempre più una mera chimera. Il siero di vipera è il veleno che questo serpente rilascia nel suo attacco; la sua azione è paralizzante, blocca la preda e consente al rettile di cibarsene. E’ per questo motivo che considero più corretto per il virus Covid-19 parlare di siero e non di vaccino, perché alle cavie viene inoculato un estratto del virus che genera proteine spike che servono al virus a moltiplicarsi scatenando una risposta immunitaria “pazza” (per dirla in forma spicciola), le persone manifestano alcuni sintomi non per contagio, ma per inoculazione del siero…
Nel 2018 una donna di 72 anni è morta, in Italia, dopo 15 giorni di agonia a seguito di un morso di vipera: vano fu ogni tentativo di rianimarla, la signora a seguito di un’ischemia cerebrale causata dal veleno, non riprese più conoscenza. Per una curiosa coincidenza anche la malattia Covid-19 ha un lasso di tempo di 14 giorni entro cui, raggiunto il suo apice, o resti vivo o peggiori e muori. Per due anni i mezzi di informazione hanno quotidianamente nutrito le ansie e le perversioni delle persone, generando psicosi e panico al punto che quasi tutti facevano i tamponi rinofaringei o gli esami sierologici per sapere se erano positive al virus pur non manifestando alcun sintomo. Le persone si nascosero in covi nascosti al punto da essere denominati “covidioti”.
Con il termine Siero di Vipera si definisce il veleno che questo rettile rilascia nel suo attacco. L’azione del Veleno di Vipera è paralizzante: blocca la preda catturata dal serpente e consente a quest’ultimo di poter cibarsene.
dal web
Nacque il greenpass e le discriminazioni per i non vaccinati al covid iniziarono nel 2022: quelli che non volevano entrare nei COVIDivipere sarebbero stati esclusi da tutto, anche dalla famiglia se necessario. Il siero aveva paralizzato il muscolo del cuore, che in molti si impietrì.
“Se metti un piede in un groviglio di vipere, che differenza fa quale di esse ti colpirà per prima?” – scrive così lo scrittore di fantascienza George R.R. Martin e di fatto rende perfettamente l’idea di quanto possa passare in secondo piano chi ti morde per primo se ad aggredirti sono serpi della stessa specie. Le vipere si nascondono, colpiscono di sorpresa, ma fondamentalmente se escono allo scoperto e tentano di morderti lo fanno perché hanno paura di te…
L’entusiasmo solidale dell’ #ANDRATUTTOBENE, i canti sui balconi, i video strappalacrime dei nipoti per i nonni, questo e altro ancora servì a formare COVIDivipere: i deboli di spirito scelsero di trasformarsi in vipere per entrare nei covi e sentirsi al sicuro, membra di una nuova società che si stava creando, con nuove regole, nuovi principi e, soprattutto, senza scrupoli. In molte persone, seppur non contagiate dal virus, l’entusiasmo (dal greco, avere dentro Dio) svanì e un velo nero impalpabile come una scia bianca nel cielo si posò sulla terra nemmeno fosse cenere vulcanica a seguito di una tremenda eruzione. Era dunque capace il covid di attaccare finanche la fiamma del Creatore che è dentro ognuno di noi? Iniziai a pensare che si trattasse di un’entità dotata di intelligenza propria, non un comune virus come di quelli che esistono in natura da millenni, non era un semplice veleno di vipere, ma le stesse vipere capaci di strisciare nei vasi sanguigni così come il serpente eterno striscia nell’anima quando vuole sporcarla col peccato.
Vivono persone che formano famiglie che erano COVIDivipere già prima dell’avvento del virus, gente malvagia, assoggettata al dio denaro, gente la cui puzza di zolfo trasuda dai loro corpi come organico da differenziare. In un breve alito di realismo letterario alla Verga, cito il Birra, sintesi emblematica di questo degrado umano, una sorta di personaggio kafkiano che come uno scarafaggio sale la parete di un palazzo per andare in alto per poi pietosamente cadere vinto dalla gravità ed è costretto a restare nella sua miserabile condizione. Deforme, ridotto a un ceppo di legno, il Birra morì con gli occhi aperti mentre mangiava i suoi soldi sporchi perché nessun siero lo aveva reso immortale. Vana Speranza…