Perché? Cosa succede: mi sento lanciata da un Ti Amo detto dolce ad un “vai via!” e “vado via ci vediamo domani “.
Amare è la cosa più difficile di questo mondo, non è facile , no…
Tu dici che mi ami e poi ti dimentichi di me: tanta rabbia provo quando quest’anno dovrebbe essere il più bello della mia vita, vissuto insieme a te.
dagli scritti di Daniela, 1999
In questo silenzio, dove tutto e pace, è impossibile non parlare con se stessi per cercare di farsi compagnia. Quando il cielo si tinge d’azzurro, dopo lunghe giornate di grigio, qualcosa cambia nel tuo sentire e ti ritrovi a scrivere forse di quello che hai dentro o, forse, di ciò che non comprendi, ma che t’ appartiene.
dagli scritti di Daniela Schiarini. Marsala, gennaio 2000
Colora questi giorni, come are dedicate alla tua dea. Imprigionato da petali e farfalle, ascolta il bisbiglio delle tue mani.
Il vento sospinge le mie vesti, in una danza di delicata estate. Tornerò, per farti danzare… e tu mi svelerai, dicendomi che il mare ti suggeriva il mio nome
da “tr@ Schermo &Anim@” – 2012 Daniela Schiarini
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Davide era un fuggiasco che aveva scelto la donna che aveva accanto da 15 anni consapevole di non amarla, la vita costruita come un alternatore di energia, un uomo che camminavetra i sassi ricordando quell’invito a cena con la musica jazz di sottofondo…
DANZA NEL VENTO
Eri già scomparso prima ancora di arrivare come un duetto improvvisato di cui ricordi ogni passo nella sala. I rintocchi mai scanditi ti riportano alla rosa dove i venti in un punto d’incontro ci resero perfetti… …e tu lo sai appena e quel che sai non te lo spieghi… Saltello su ciottoli di nuvole appena allineate forse ti raggiungo poi scappo perchè il nettare non è di sempre e va distillato come birra di miele Sposti fili di capelli dal mio viso come si fa nell’amore quando si cura e la medicina diventa premura. Forse ancora o forse mai più perchè il vento nella rosa muove l’onda e la vela.
Daniela Schiarini poesia edita in CAMERA SINGOLA CON LETTO ALLA FRANCESE – 2015
Lui l’amava così, in quel suo modo un pò naif… Tanto timido da temere pure che altri capissero che un’immagine, una musica o una frase pubblicata sul suo fb potesse essere indirizzata a lei. […] Una mattina si guardarono intensamente. La poetessa voleva guardare i suoi occhi per carpirne l’anima, che avrebbe certamente riconosciuto senza remore. Il poeta era seduto su una panchina che intersecava il solito percorso della poetessa, desideroso che questa lo riconoscesse e avvicinasse. Impossibile non notare quell’uomo, anche perché dentro si sé lei sentiva la sua vicinanza, come capita coi fantasmi… e la sera antecedente lui, in musica e parole, le aveva detto che si sarebbe fatto coraggio e sarebbe andato da lei! I loro occhi come miraggi nel deserto, come gladiatori nell’arena. Continuavano a guardarsi, immergendosi l’una nell’anima dell’altro. Come attirata dal magnetismo di una calamita, la poetessa decise di avvicinarsi a quell’uomo sconosciuto che, colti nei suoi occhi l’audacia, distolse da lei lo sguardo, abbassando il capo e facendole intendere di non conoscerla, permettendo così che l’incertezza e la timidezza facessero le padrone, riproiettandoli nuovamente lontano l’uno dall’altra, come due atomi impazziti. La poetessa delusa, ma col cuore che le batteva in cavalcata per l’emozione e combattuta tra il dubbio e la certezza sull’identità di quell’uomo, proseguì pensierosa il suo cammino… Se il poeta non avesse esitato, lei, timida a suo modo e per nulla incline ad avvicinare uomini per strada che la guardano, avrebbe certamente chiesto a quell’uomo: sei tu il mio Poeta? …
Daniela Schiarini
da “tr@ Schermo & Anim@” – 2012 capitolo 6, L’OLTRE
Una gentildonna non insulta mai nessuno involontariamente, e ciò era senz’altro vero per quanto concerneva Sylvia, la fanciulla con la pelliccia di finto visone,, la persona alla quale egli non pensava mai, l’immagine che aveva estirpato dalla propria mente, quasi.
Invero con gran flotta il barbaro corsale Barbarossa, approdato alle acque di Procida, aveva già sbarcata numerosa truppa, quale giunta era anco alla porta (ora detta di ferro) di quella Terra Murata, o Castello, entro cui chiusi i procidani tutti, scoraggiati per mancanza di mezzi di opposizione,fiduciosi imploravano aiuto dal cielo e difesa da San Michele, protettore dell’isola. Il Santo Protettore vide la loro costernazione, ascoltò le loro voci, esaudì le loro preghiere. Quando essi a momenti temevano cadere nelle mani barbare, ecco il celeste principe sceso in loro aiuto, fé vedere tutta la Terra Murata talmente cinta di fuoco e vibrare fulmini e saette, che il barbaro corsale fu costretto non già salpare, ma rompere le gomene, e fuggire spaventato, e forse ripetendo “Terribilis est locus iste”.
storia del miracolo avvenuto nel 1535, raccontata dal curato perpetuo Nicola Ricci
Arrivò sulla terrazza che era ancora buio, passando per giardinetti e stradine tra i bungalow. Nemmeno la luna bastava a illuminare il suo passaggio eppure Veronica aveva un desiderio forte che le premeva in petto e che forse l’aveva svegliata a metà notte: attendere l’alba. L’aria fresca delle ore sulla pelle faceva dimenticare il caldo asfissiante di quella estate e come rugiada si posava sulla pelle un luccichio frammisto di salsedine di un mare ai piedi della collina. Il silenzio era totale, appena spezzato dal canto di sirene tra le onde che placidamente si infrangevano sulla battigia e, sebbene la distanza, questi giungeva a lei come se piuttosto che su una terrazza in alto alla collina lei fosse in riva al mare. Il mare era un manto di velluto sul quale si rifletteva il cielo grigio che non è della notte né appartiene al giorno ed era così piatto che visibilissimi sul manto erano i percorsi tracciati dalle maree notturne che, ritirandosi, avevano svelato gobbe di rocce che riemergevano solo di notte e ad acque calme. Seduta, come le gambe tese e poggiate alla ringhiera di ferro della terrazza dell’albergo, immersa con l’anima come se fluttuasse in quella immensità, mentre il faro sulla punta del promontorio alternava la sua luce ancora per un pò prima di spegnersi al giorno, Veronica asseriva a se stessa che molto della meraviglia del Creato noi perdiamo mentre dormiamo e che una volta almeno nella vita tutti dovrebbero concedersi un’emozione simile. Ci fu uno stacco improvviso in cui fu chiarissimo vedere la luce vincere le tenebre e le stelle affievolire il proprio luccichio e il mare tingersi di un nuovo colore, che non era più il nero velluto né il grigio che si mesceva adesso a un bianco candido simile alla schiuma di mare che spumeggiava di sale. Le sirene le avevano parlato preannunciando giorni che lei avrebbe dovuto cavalcare come onde, perché si compissero passaggi simili solo all’arrivo dell’alba, dalle tenebre alla luce, quando il Sole resta ancora un astro nascosto alla Luna e il promontorio verdeggiante non è altro che un’ombra scusa sul mare.
da I GIORNI DEL SALE – 2016, III giorno di Daniela Schiarini
“Un uomo che a 33 anni stravolge la sua vita quando poteva continuare a fare il falegname, vivere a Nazareth con la madre come aveva fatto per tutti quegli anni senza dover arrivare alla morte in croce… […] Eh Gesù… Gesù..lo sai che anche la mia vita a 33 anni è cambiata totalmente? Ma cosa posso annunciare io? – iniziava a pensare ad alta voce. […] Perché tanti dopo duemila anni ti cercano ancora Gesù? Tu lo sai che io ho sofferto e soffro le pene dell’inferno? Come può esserci un progetto d’Amore dietro la sofferenza, me lo spieghi? Perché i bambini innocenti devono subire abusi e violenze da spettri senz’anima? Perché tante donne straziate fino alla morte dal disamore di uomini che dicevano di amarle? Perché chi ti incontra nel cuore dice che ha incontrato la salvezza e io resto una povera disgraziata? Dove sei tu quando arrivano gli attacchi di panico e la fame d’aria e temo che i soldi non mi bastino e non so quale futuro potrò dare ai miei figli? … Do – ve se-i.
Come un grido dell’anima che riecheggiava nel deserto, ma da voce d’anima senza sesso, così Veronica innalzava la sua disperazione irrisolta, quella che le graffiava la gola per la rabbia.
Se io soffro nel mio quotidiano, Gesù, ma poi tu torni nelle mie mille congetture e negli incastri di eventi che come puzzle compongono quel che dai miei 33 anni ad oggi io sto vivendo, allora io vengo a vederti: ti chiedevo dove sei e stanotte ho sognato il luogo nel quale devo venire per incontrarti! Verrò…” […] Veronica partì verso un luogo di montagna, quello tra gli appennini abruzzesi che gli era stato suggerito in sogno e che scoprì essere una delle tappe dell’apostolo Tommaso, colui che del Maestro risorto e tornato tra i suoi durante la sua assenza disse ‘Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò’.
Lei come San Tommaso.
Con quale spirito Veronica andava dal Cristo il cui volto è impresso sul bisso se non assalita dalle sue ansie e dalle sue paure e da quella rabbia spesso incontenibile fino a farle male, che le faceva rifiutare l’idea che pur rispettando l’amore, questi non era stato che sofferenza e schiavitù nella sua vita?
Nel tempo del suo viaggio in autobus, mentre lo sguardo si perdeva nel verde delle montagne a capolino col cielo e qualche nuvola spazzata via da un inatteso refrigerio di fine estate io, narratrice custode di questi segreti, vi condurrò.
Siamo costantemente chiamati a noi stessi da un irrefrenabile desiderio di giungere a quella che predoni alchimisti definivano ‘isola pura’, quel luogo che per gli antichi egizi era il neter e che per nobili cavalieri era il Sacro Grall. Quanti rifiutano questo necessario ritorno al soffio che diede loro vita rifiutano se stessi e il fine ultimo della vita che è incontrare il divino che è in noi e in qualche modo sono destinati a spegnersi in una sorta di masochismo che li divorerà in eterno. In tanti intraprendono questo viaggio interiore, ma solo ed esclusivamente perchè come gli alchimisti vogliono raggiungere il divino in sé per sentirsi Il Divino e allora sono destinati a perdersi nella follia dell’indicibile, delle suggestioni e delle ossessioni.
Veronica era partita da Napoli con un’unica certezza: aveva in sé quell’umiltà di chi già sa di essere solo un granello di sale nella terra, ma la determinazione di chi però la terra vuole nutrirla. Con questo entusiasmo Veronica giunse a Manoppello la mattina del 24 agosto 2015.“
da I GIORNI DEL SALE – 2016 di Daniela Schiarini
Oggi, nel giorno in cui si festeggia Santa Veronica Giuliani riporto questo estrapolato dal mio terzo libro, ricordando che quando scelsi il nome per la protagonista nulla sapevo, o quasi, del mondo che mi si sarebbe svelato…
” Venite tutte, o creature insensate, venite, amate il sommo bene: venite, peccatori, convertitevi a Dio. Esso è somma carità, è infinita la sua misericordia: lasciate di offenderlo, tornate a Dio. Esso è tutto amore; vi darà il medesimo suo amore, acciò l’amiate. Vedete! Come fa con me, farà anche con voi; venite tutti.”