E’ trascorso esattamente un anno dalla mia malattia Covid19, che si aggravò perché le indicazioni del protocollo di cura ufficiale in caso di sintomi iniziali erano, e lo sono tuttora, tachipirna e vigile attesa e queste si sono rivelate fatali per tantissimi contagiati, me compresa, che mi considero una morta e poi risorta.
Seguendo questa direttiva la maggior parte dei medici di base non si sentiva obbligata a fare altro che abbandonarti al tuo destino, ignorando i messaggi al telefono di richieste di aiuto per quella fame d’aria che non dà tregua; visualizzati anche dopo 24 ore e che non ricevevano alcuna risposta da un’umanità in molti medici estinta e quindi il protocollo della speranza di guarigione diventava nel giro di pochi giorni il protocollo della condanna a morte. Era come se l’obiettivo segreto da perseguire non fosse quello di curarti, ma di farti peggiorare così che se morto avresti aumentato il numero dei decessi e se in ospedale allora potevi valere denari per ogni giorno di degenza in ospedale, isolato da affetti, come un insetto intrappolato nella ragnatela, consapevole che il ragno ti sta chiudendo in un bozzo prima di mangiarti ed è lì che molti si sono arresi, lasciandosi morire pensando di non avere alcun scampo. In entrambi i casi tu, ammalato, avresti avvalorato la Pandemi(m)a.
Un anno di “incubazione”, prima di pubblicare questo mio sebbene ne avessi annunciato l’intenzione già da tempo, perché i segni psicologici e fisici che questo virus lascia su chi lo ha contratto nella sua forma e variante aggressiva, fa sì che tu viva quello che la scienza chiama long covid, ma in realtà credo sia più simile ai postumi di una tortura, con la sola differenza che il torturatore era dentro di te e io fin da subito l’ho chiamato l’Entità.
Un anno di incubazione perché volevo osservare le reazioni nel tempo di chi per me non c’era stato, mostrandomi un volto crudele come solo il disprezzo sa dipingere sul volto di un essere umano. Volevo anche fare emergere dai pochi dettagli della mia esperienza vissuta come un’esperienza mistica del dolore e pubblicati attraverso i miei canali social, le reazioni di chi mi ha ulteriormente attaccata perché sopravvissuta grazie alle cure non ufficiali, come dire “ sei un ammalato scomodo…”
Come promesso COVIDivipere è pubblicato sul mio sito in forma di ex voto a Maria Auxilium Christianorum, per grazia ricevuta – fu infatti all’alba del giorno in cui la Chiesa festeggia, il 24 maggio, che mi risvegliai guarita e già negativa al virus, dopo 14 giorni di sofferenza ininterrotta.
Correva l’anno 2021.
A Gesù Cristo, mio sposo dell’anima, che al mio cuore confidò in anticipo tutto quello che avrei sofferto e perché dovevo attraversare un tale martirio. Nelle tue mani, oh mio Dio, ripongo questa mia umile testimonianza, perché possa essere lume e/o consolazione per quanti ne hanno bisogno… Nel tuo Sacro Cuore ripongo ogni mia intenzione di scrittura perché possa raggiungere ogni lettore nel Tuo Nome e secondo la Tua Divina Volontà… Il Tuo Sacratissimo Sangue scenda su ogni parola da me scritta per fortificarla e sopra il demonio per abbatterlo.
Dedico questo mio a tutte le anime che, come me, hanno vissuto la profonda solitudine nella sofferenza a causa di questa entità, ai tantissimi che sono morti sopraffatti dalla paura e dal panico nei loro ultimi istanti vissuti nell’abbandono totale; ai loro cari che non hanno potuto nemmeno vederli se non portati via in una sacco per poi essere bruciati; a quelli che non hanno ricevuto nemmeno il sacramento dell’Estrema Unzione perché i preti, timorosi del virus più che di Dio, hanno tradito la loro missione sacerdotale e a quelli che in unione con Dio hanno continuato coraggiosamente a nutrire le anime senza offendere in nessun modo il Corpo di Cristo.
Dedico, altresì, questo mio a quanti hanno espresso al meglio del peggio la cattiveria che hanno dentro, cogliendo l’occasione per infierire contro chi stava soffrendo combattendo la battaglia per la sopravvivenza e aveva bisogno di pace, amore e tranquillità, ma ha ricevuto isolamento, diffamazione e un carico di ulteriori difficoltà: ne risponderete davanti a Dio!
Sarà sicuramente l’unica volta che dedico un mio libro a persone cattive e prive di scrupoli e lo faccio non perché spero che questo mio possa smuovere la loro coscienza imputridita e i loro cuori impietriti, ma perché sono le vipere velenose che avvelenano questo mondo, il virus sono loro, loro sono i COVIDivipere.
Dedico questo mio ai vivi e ai defunti che mi hanno sostenuto con la preghiera, facendomi sentire la vicinanza spirituale di cui avevo bisogno per combattere l’entità.
Dedico questo mio alle due persone (L.P. R.G.) che hanno aiutato me e i miei figli durante quei giorni di tormenti, superando ostacoli e percorrendo chilometri per lasciare fuori la porta di casa oltre alla spesa, al cucinato e alle medicine anche i loro sguardi di affetto che mi abbracciavano non facendomi sentire sola.
A mio padre, che in quei giorni della mia malattia si chiuse nella preghiera perpetua offrendo il suo dignitoso martirio interiore per la sua amata figlia, assalita da quel virus letale di cui i virologi, che lui ascoltava in televisione da mesi, spiegavano.
In ultimo, ma non certo per importanza, tutt’altro…
Dedico questo mio a una donna straordinaria, una dottoressa straordinaria che, insieme a tanti medici come lei intrisi di profonda umanità e fedeli al giuramento di Ippocrate, sono i veri eroi della pandemia Covid19: La dottoressa Luisa C.
Se non fosse esistito Facebook non avrei “incontrato” quest’angelo a 1000 km di distanza da me, in quel pezzo d’Italia ove i morti furon tantissimi …
Dal mio SOS lanciato forse troppo in ritardo nel Gruppo facebook per le Cure Domiciliari Covid19 – suggeritomi da alcuni di voi amici del social – lei decide di prendermi in cura, di tentare l’impossibile: salvarmi la vita.
Ma il nostro incontro e il come mi ha assistita merita un racconto meno affrettato e quindi ne dirò meglio in seguito, in questo libro virtuale che spero abbiate voglia di leggere.
A te cara Luisa,
che mi hai curata da lontano anche con la medicina dell’amore, come una mamma…
Ti sarò per sempre grata e a te unita da profondo affetto.
San Michele Arcangelo
Infine un doveroso ricordo del professor Giuseppe De Donno, pioniere della Plasmaterapia che salvò tante vite al Poma di Mantova, durante quei primi tragici mesi della Pandemia …
A un anno esatto dalla sua prematura morte, forse da molti dimenticata, ma che resterà sempre avvolta da un velo nero di mistero.
Questo ha dichiarato recentemente, per poi aggiungere: “Ho due rimpianti: dovevo iniziare ad alzare la voce prima e in maniera più energica. Il mio era un dovere civico. Se tutto continua a restare in mano a questi scienziati prezzolati non si va da nessuna parte. Quando parlo a un congresso, la prima slide che proietto riguarda il conflitto di interessi. Io non ne ho, non ne ho mai avuti. Mi piacerebbe che i medici che vanno in tv facessero lo stesso”.
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