Chi eravamo 10 anni fa su Facebook?

Chi eravamo 10 anni fa su Facebook ? – YouTube

Ogni martedì di Novembre un nuovo video sul mio canale Youtube per ripercorrere insieme a voi 10 anni di Poesia, versi, ricordi, emozioni … tr@ Schermo & Anim@

Mio caro Lettore,
grazie di essere qui e di voler intraprendere con me un viaggio in Poesia, attraverso i miei versi e i diversi volti o le diverse maschere umane nel mondo virtuale, capaci spesso di soffocare l’Anima, rendendola visibile per poco, a pochi e in poco di quel che resta di noi lì.
Il nostro viaggio nel web non avrà pretese di carattere scientifico, informatico, sociologico o psicologico, ma la sola ambiziosa pretesa di interpretare in poesia quanto può accadere nel web e in particolare nel social network più popolare del mondo … facebook … questo microcosmo che richiama a sé sempre più persone mascherandone e/o smascherandone pregi, difetti, falsità e virtù.

da Introduzione di “tr@ Schermo & Anim@”

Daniela Schiarini – YouTube
Il mio canale, creato nel 2012, mai realmente utilizzato e che in occasione del decennale dalla pubblicazione del mio primo libro, ho deciso di prendere in considerazione per omaggiare questo “volo dell’anima” che continua a emozionarci.
Iscrivetevi se vi fa piacere.

Vi aspetto!

Bruno Contrada, poesia di una chiacchierata.

La sera di domenica 16 ottobre 2022 ero a Treglia, una piccola frazione del comune di Ponteleone nella provincia di Caserta e sotto un cielo stellato, avvolta dal profumo delle caldarroste, un tizio mi riempiva nu cuop di castagne.
Era la sagra dell’Ufarella.
I miei pensieri andavano ovunque e non sempre nella direzione giusta, così li posai sul fumo delle caldarroste per farli danzare un po’…
Capita anche alla formica operaia che porta oltre 50 volte il suo peso di credere di non essere abbastanza forte, ebbene quella sera mi sentivo così e, circondata da castagni secolari, cercavo un riccio di castagna dentro cui riposare e mai avrei pensato che il pomeriggio del giorno successivo ed esattamente alle ore 16 avrei composto un numero di telefono, atteso cinque squilli col cuore carico di emozione, per poi sentire la voce calda, profonda, roca di Bruno Contrada dirmi ” Pronto…”

Sì lui, già funzionario della Polizia di Stato e dei Servizi di Informazione e Sicurezza, ma per me, in quel preciso istante, era l’uomo di cui, a dire il vero, poco sapevo se non per mera cronaca di cui mi ero interessata perché ne aveva scritto a suo sostegno la mia amica giornalista Marina Salvadore nel suo libro “Terronia Felix”. Visto il mio interesse per quell’uomo di 91 anni che mi appariva come un monolite impossibile da scalfire, era stata proprio lei a invitarmi a chiamarlo, certa che ne sarebbe scaturita una bella chiacchierata.
E così fu … E fu così che dalla sagra dell’Ufarella più che nel riccio di castagna mi rifugiai in quell’incontro, inatteso ed entusiasmante e al suo “Pronto…” così risposi: Buon pomeriggio, spero di non disturbarla, sono un’amica di Marina Salvadore, non sono una giornalista ma la chiamo perché desidero esprimerle la mia ammirazione per la persona che è…
La mia voce sconosciuta doveva essergli apparsa senza dubbio emozionata, ma carica di gioia prese vigore quando alla sua domanda: Lei di cosa si occupa? risposi: Al di là di tutto, che poi le dirò, sono una grande devota di San Michele Arcangelo.

Fu come dirci una parola in codice, capimmo entrambi senza guardarci negli occhi perché a 1000km di distanza, che ci saremmo potuti fidare entrambi per portare immediatamente la nostra conversazione a un livello superiore, dove l’anima cerca ristoro dopo un lungo martirio.
E’ per questo motivo che quell’ora e quindi minuti al telefono volò e ci vide conversare per fare voli pindarici andando indietro nel tempo, per dipingere luoghi della mia Pozzuoli che si intrecciavano ai suoi ricordi di gioventù.

Non sono molti i poliziotti che credono in Dio, ma non sono neppure pochi e li riconosci subito perché sono quelli non solo più brillanti, ma anche i più perseguitati.
San Michele Arcangelo, non a caso patrono della Polizia di Stato, li sceglie tra i migliori e li forgia. Uno di questi è senza dubbio Bruno Contrada e io lo avevo capito da quell’unico video nel quale lo avevo visto definire “persecuzione” quel che, ormai anziano, è costretto a subire dopo 25 anni di processi. Ma la storia è nota e non è mia intenzione in questo luogo di Poesia entrare nel merito giudiziario.
A riguardo mi dice:
Il mio processo e la mia vicenda umana è una valanga di fango, per le calunnie, falsità, macchinazioni, menzogne … che uomini dello Stato non hanno saputo filtrare.

La sua è anche la testimonianza di un milite dell’Arcangelo che il nemico, ovunque si nascondesse per agguantarlo, non è mai riuscito a piegare.
Perché ero arrivata a dirgli che nel suo martirio spirituale vedevo una Volontà Superiore?
Perché nella sua voce roca, nella lucida e stucchevole descrizione degli eventi e nei pochi accenni alla carcerazione, il signor Bruno (lo chiamavo così) mi trasferiva tutta la passione per il suo lavoro che a un certo punto della sua vita non fu più un lavoro, ma divenne certamente una missione.
Ebbene, in lui o per meglio dire attraverso la sua voce, nella mia mente prendono forma immagini e una similitudine forte con un altro Grande Uomo della Polizia di Stato, Giuseppe Dosi il poliziotto artista che inventò l’Interpol.
Entrambi combattevano un mostro, entrambi perseguitati e poi riabilitati, entrambi scrivono un libro che diventerà quasi introvabile.

“Lei ha letto il mio libro?” mi chiese, certo che tanto ardire fosse scaturito da una conoscenza non certo maldestra come era la mia.
“Non ho ancora avuto questo piacere” risposi a malincuore.
“Io ne ho solo una copia altrimenti glielo invierei io personalmente” mi disse con tono gentile.
Lo ringraziai per la premura e gli promisi che lo avrei cercato.

“La mia prigione. Storia vera di un poliziotto a Palermo”
scritto con Letizia Leviti

La mia esperienza di volontariato nelle carceri, quei 6 anni …Pozzuoli, Potenza, Secondigliano, in quel segmento di tempo che mi era concesso divennero il traduttore ideale per liberarci di sofferenza senza doverla necessariamente raccontare.
Dall’esempio di Bruno Contrada noi dovremmo prendere coraggio, per continuare a portare il peso degli eventi dolorosi della propria vita proprio come fa la formica e dobbiamo farlo in nome di un ideale più grande da conservare integro, in un luogo inaccessibile che si chiama Anim@.

Daniela Schiarini

Grazie al signor Bruno Contrada per la generosità del tempo che mi ha dedicato, coinvolgendomi in una conversazione che da timida quale era è divenuta motore di rinvigorito coraggio!
Daniela Schiarini
In foto Bruno Contrada
Capo della squadra mobile di Palermo
Dirigente del Centro di Coordinamento delle operazioni di Polizia Criminale per la Sicilia Occidentale
Capo di Gabinetto dell’alto commisario per il coordinamento della lotta contro la mafia
Coordinatore dei Centri SISDE (Servizio informazioni per la sicurezza democratica)
Ufficiale dei Bersaglieri
Laureato in Giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli
Insegnante di tecnica delle investigazioni negli istituti di Polizia
circa 100 riconoscimenti della Polizia, SISDE e dell’Autorità Giudiziaria (attestati, encomi, elogi, parole di lode, etc…)
Commendatore al Merito della Repubblica


* si pubblica su dettatura diretta dello stesso alla sottoscritta, per errori evidenziati su alcune pagine di ricerca internet che andrebbero corretti.

Dio allora plasmò l’uomo con la polvere della terra e soffiò sul suo volto un alito vitale… Genesi 2, 7
Supponiamo dunque che l’uomo sia stato fatto il sesto giorno con il fango nella forma attuale distinta e visibile
Sant’Agastino ne La Genesi alla lettera, libro VI

Ad Maiora!



7. La dottoressa D.

“Buongiorno, sono un medico della terapia domiciliare. Ho letto il suo post, se posso essere di aiuto sono qui.”
Era il 19 maggio 2021, ora della Misericordia, quando inaspettatamente mi giunse la notifica sullo schermo del cellulare di un messaggio. Avevo lanciato il mio SOS sul gruppo facebook per le Cure Domiciliari Covid19 soltanto un’ora prima.
Per chi ha un po’ di dimestichezza con Messenger sa benissimo che se non si è mai instaurata alcuna connessione di messaggistica o se non si condivide l’amicizia Facebook, i messaggi di probabili sconosciuti sono automaticamente deviati in una cartella, che si chiama “richiesta di messaggi” e che puoi visionare soltanto se la vai direttamente a sfogliare.
Il messaggio della dottoressa Luisa supera misteriosamente questa barriera e così sul piccolo schermo del mio cellulare vedo comparire l’icona della sua immagine profilo. Affannata e intontita mi appresto a leggere e prontamente rispondo “Salve e grazie di avermi scritta”. Lo ammetto, io non avrei avuto la lucidità di controllare la cartella “richiesta di messaggi” e questo avrebbe indubbiamente cambiato il corso di tutto ciò che accadde dopo…
Soltanto in seguito lessi sul gruppo per Cure domiciliari Covid19 che si esortava gli ammalati che chiedevano aiuto a guardare in quella cartella dove finivano i messaggi dei medici che contattavano pazienti sconosciuti e a distanza. Fino ad allora credevo che questi angeli in camice bianco avessero tutti una via preferenziale, come lo aveva avuto il mio.

Nella prefazione a questo mio libro virtuale avevo anticipato che quest’ultima parte di COVIDivipere, sarà interamente dedicata alla dottoressa Luisa D. – il cui nome è reale e il cognome non scrivo per intero, come lei stessa mi ha chiesto di fare, perché avendo lei rifiutato il vaccino reso obbligatorio per i medici è stata allontanata dal reparto ed esiliata da molti colleghi. Ma questa è un’altra storia e non la racconteremo.
L’intera narrazione a seguire sarà una trasposizione reale della chat attraverso cui io e lei abbiamo comunicato e solo in parte resa discorso indiretto, per meri motivi di narrazione.

La dottoressa Luisa D.

Luisa si unì a me nell’anima, mi voleva salvare, in me vedeva non solo una giovane donna che il virus stava divorando, ma anche se stessa, tutte le estenuanti ore trascorse in corsia mentre i numeri dei decessi aumentavano vertiginosamente in quel pezzo d’Italia del nord ricoperto da un velo nero; in me vedeva i suoi cari amici e colleghi deceduti a causa del covid e che non era riuscita a salvare; in me vedeva se stessa, sì so che l’ho già scritto, ma lo ripeto con enfasi, perché era guarita anche lei da poco dal covid, per la terza volta.
Una battaglia personale col bastardo!
30 anni di professione vissuti onorando il giuramento di Ippocrate, un sorriso per tutti, Luisa era distante da me 1000 km, ma entrò nella mia vita tr@ Schermo & Anim@ proprio come avevo fatto io con la Poesia nella vita di tanti, squarciando il buio di quel mondo liquido che definiscono virtuale: un’anamnesi scrupolosa e poi i suoi consigli e la pazienza nel rispondermi per abbattere quelle mura di solitudine, nelle quali ero intrappolata.

Era trascorsa quasi un’ora dall’arrivo di quest’ angelo nella mia vita, mi sentivo fisicamente stanca e avevo difficoltà a scrivere (da lì a poco la febbre avrebbe nuovamente superato i 39° come accadeva ormai da 9 giorni) così inizio a registrare e inviarle messaggi vocali e dalla mia voce fioca interrotta da quella tosse sorda, la dottoressa capisce che il virus è andato troppo avanti, che la prima fase, quella importante per aumentare le possibilità di guarigione, è stata bruciata dalla vigile attesa e dalla tachipirina che il Ministero della Salute imponeva e lei che conosceva bene il copione di quell’attore mortale, a mia insaputa, decise che non mi avrebbe lasciato sola fino alla fine tentando di trasferirmi finanche la sua energia vitale attraverso quei messaggi, semmai ci fosse riuscita.
Ero come intrappolata in un pozzo e Luisa mi teneva in vita parlandomi, perché non mi arrendessi.
“Stanotte mi sono avvilita” – le scrissi.
“Ci credo! Ma perdersi d’animo non paga, bisogna reagire con forza!” – mi rispose.
La ringraziai per il tempo che mi stava dedicando e con voce stanca le spiegai che ad impressionarmi era l’aggressività di un qualcosa – lo definirò poi l’entità– che non ti vuole mollare, che vuole sfinirti per finirti.


Fu allora che Luisa mi prese la mano…
Mi invia un messaggio vocale accorato, riascoltarlo mi commuove profondamente dandomi oggi le misure di quel che io in quei momenti non ero in grado di comprendere; mette in gioco se stessa, non solo la sua professione di medico in corsia e lo fa per una sconosciuta a 1000 km di distanza da lei. Luisa aveva perfettamente capito che la differenza tra la vita e la morte avrebbe potuto farla soltanto la mia forza di volontà a non mollare e che avrei potuto farlo da un momento all’altro, sprofondare ancora più giù in quel pozzo per non uscirne più.
Il tono è deciso, materno, dolce e determinato al tempo stesso:
“Cara la mia ragazza, allora…. dimentichiamoci tutto il terrore che ci hanno inflitto in questi mesi che è assolutamente negativo e non serve a nulla. Questa malattia guarisce, guarisce molto velocemente e lo fa soprattutto nelle donne giovani come vedo che è lei. Non si faccia prendere dallo sconforto e se le viene la febbre la tenga, resista il più a lungo possibile perché questo virus muore a 38° e quindi più tempo la riesce a tollerare prima guarirà. Io ho una mia carissima amica che ha avuto 39,6° per tre quattro giorni e ne è venuta fuori splendidamente, senza esiti, senza nulla ed ha 47 48 anni quindi è una donna giovane. Quindi mi raccomando di non perdersi d’animo e beva tanto perché febbre e diarrea portano via tanta acqua e l’acqua serve al nostro corpo per mantenere un’omeostasi di un certo tipo.”
Poi il messaggio si interrompe perché oltre il tempo massimo consentito per la registrazione – Messenger era ancora limitato.
Ci salutiamo.
La sera, passate le 21 mi scrive di nuovo, mi invia la foto di un fulmine che squarcia il cielo scattata dalla sua finestra di casa “Sta arrivando un temporale bellissimo” – mi scrive e così accompagna per un attimo la mia mente fuori da quell’oblio.
“Comunque mi è servito tanto parlare con lei. Ho sopportato strane sensazioni ma ho risposto a più riprese . Adesso un po’ di quiete come dopo la tempesta”
e allora lei: “Ok Daniela, sono molto carica in questo periodo, voglio trasmettere sensazioni positive. Le voglio mandare tanta energia positiva, il mio entusiasmo, la voglia di guarire Ok?
Dai forza!! Solo pensieri belli!

La invitai a darmi del tu e lei accettò con gioia chiedendomi di fare lo stesso.
Più ci scrivevamo, più ci riconoscevamo simili come riflessi su uno specchio d’acqua, anime affini e feline come i nostri amati gatti.
In quel buio che mi circondava, Luisa era la luce che teneva viva in me la speranza. Mi scrisse il suo numero di telefono e mi disse che avrei potuto chiamarla anche di notte se ne avessi avuto bisogno, invitandomi a far squillare molto il telefono perché se non rispondeva subito era perché sorda!
E così, dopo aver dipinto il sorriso sul mio volto, ci augurammo la buonanotte.

Se mi lasci adesso, ti porti via la più grande parte di me
Ooohh no
Piccola ti prego non andartene
E se tu mi lasci adesso, ti porti via il mio stesso cuore
Ooohh no
Piccola ti prego non andartene
Ooohh ragazza
io voglio solo farti restare

La mattina seguente di buon ora la dottoressa D. mi chiese i parametri e come fosse trascorsa la notte. Andava male… alla febbre alta si aggiungeva la saturazione che scendeva, indice che il virus stava avendo la meglio; inoltre sul mio corpo iniziavano a comparire ecchimosi, le vene si laceravano per il forte stress, c’era il rischio molto concreto che stessero per formarsi trombi, il braccio destro mi faceva male e non potevo quasi muoverlo, non mi reggevo in piedi.
Quindi Luisa, tempestivamente, mi prescrive l’eparina, che fu la mia salvezza, quella che il medico di base mi aveva negato.
La dottoressa non mi molla anzi mi scrive che dobbiamo marcare stretto il virus e dopo aver atteso la mezzanotte per iniettarmi sottopelle la seconda dose di eparina, mi appisolai da seduta sul letto per respirare meglio, con la speranza che mi sarei ripresa, ignara che il peggio doveva ancora arrivare.

………..prosegui la lettura al prossimo capitolo.

NOTA: La scelta narrativa di alternare il tempo passato al presente ha la pretesa creativa, forse presuntuosa, di trasferire al lettore l’immagine in presa diretta – come se fosse spettatore di un film.
Daniela Schiarini