Stasera ti vorrei raccontare le mie sensazioni d’inverno, gioco di luce e ombre che si inseguono nell’aria e il freddo dapprima secco e poi umido che mi bagna la pelle senza creare riflessi, ma che mi scorre addosso mentre guardo il mio gatto addormentato sul divano, con la testa all’ingiù.
Dicono che siamo tutti un po’ meteoropatici, dicono che l’inverno e la sua minor presenza di luce possa in qualche modo influire sul nostro organismo…come dire… dicono che ci spegniamo un po’.
Eppure io da qualche anno amo l’autunno e l’inverno, amo le mie voglie di miele e tisane, amo i miei capelli spettinati la mattina mentre faccio colazione leggendo qualche pagina di libro e li ama anche Cyranò, l’uomo più folle che potesse mai amarmi, ma non provare a dirglielo ché metterebbe su un comizio convincente per proclamare la sua estraneità dai fatti eppur di fatto è nel mio amore che si acquieta: un amore tutto suo, solo suo, un amore segreto fatto di sensazioni e ricordi che sfoglia in solitudine mentre con la sua mente spoglia anche me.
Questo amore gli entrato dentro con un bacio, come fosse un amplesso e non è più uscito; lo ha così travolto, denudato, spiato e rivestito che nemmeno un suo burbero lamento riesce più a farmi meraviglia.
Come te lo racconto un uomo che ama con la mente? non è mica facile.
Ecco il primo paradosso… Con la mente non si ama! Ahahaha… a quanti compromessi deve sottostare il cuore eppure è lui che la fa da padrone!
Cyranò è l’inverno, col suo apparente freddo glaciale cucito addosso, ma capace di scaldarsi in un minuto con le sue sensazioni a capolino in un’eccitazione che lo sfiora, me lo ha detto in un biglietto nascosto in un’arancia:
“Tu mi premi e mi strapazzi, tu mi entri e mi sovrasti, tu mi superi la mente, tu mi sfiori dolcemente, tu mi addenti irriverente, tu mi sposti e mi sospiri, con te saltano i bottoni e impazziscono i neuroni”.
Cyranò fa l’amore con me nella sua mente da anni, non so ogni quanti giorni o se tutte le sere, ma so che è giunto al punto che mi porta con sé ovunque: nei suoi viaggi di lavoro, in ufficio qualche volta, sulla terrazza di un ristorante che affaccia sul mare, sulla neve dei boschi quando è in montagna, in auto ferma su un belvedere ricordando quando mi baciò e dacché rischiai di essere la sua ossessione io divenni l’amore, penetrai in lui come una goccia d’acqua che scalfisce la roccia, mi infiltrai tra le venature dei suoi ghiacciai carezzando la sua pelle di bambola mentre i suoi occhi azzurri si posano nei miei così che io potessi teneramente baciarli e poi dagli occhi alle tempie fino ad avvicinarmi all’orecchio ove caldamente sussurro parole di impercettibile poesia intanto che il cuore accelera i battiti e il sangue fluisce in tutti i muscoli, anche lì dove lui confida le sue malizie non più generate dall’inferno, ma infiammate di Bellezza che rigenera la vita. Miracolo dei miracoli è che Cyranò, infiammato di poesia, gelosamente mi sbottona senza osare e incautamente si sbottona fino a osare… Le sue mani si posano sui miei fianchi immaginati, ma non comandano e non governano se non un mondo fatto di istanti, il cui sorriso irradia.
Ma io ho l’ho visto e gliel’ho detto, era solo e stanco sopra un letto, il nostro letto alla francese immaginato e lui lì con la faccia nel cuscino, singhiozzava come fosse un bambino.
Ma che bella rima di poesia!
La fragilità di un uomo è sconosciuta tranne a chi con amor l’ha compiaciuta… Cyranò era l’uomo del sospiro, ma era anche il mio falso avventuriero, che cercava nel mio seno il suo rifugio e sapeva che se c’era un dispiacere o un malinconico pensiero, guai a me! – diceva – che son stato un menzognero…
Mi avvicinai al suo corpo quasi ignudo, come una fata dell’inverno sul comodino, mi posai col viso sulla schiena e spostai la coperta fatta a piume, ero sotto con lui nella capanna come pellerossa coperti dalle pelli, la mia e la sua nuovamente abbandonate nelle fulgide schiume leggiadre.
Non poté contenere la sorpresa e allora mi afferrò con un atto di possesso e i miei capelli spettinati dal lenzuolo gli coprivano il viso mentre i seni li stringeva sul suo petto…
“Sono io, la tua fata dell’inverno…a scaldare ancora questo cuore…”
“Dimmi solo, malgrado ogni difetto, che tu resterai sempre il mio domani” disse Cyranò prima che la sua fata dalla tenda al comodino e saltando sul cuscino si posò sul cuore come croce e delizia d’amore.
L’INVERNO, SPESSO CONSIDERATO COME IL LETARGO DELLE EMOZIONI, è invece per me, autrice giocosa di questo breve “dipinto”, la ricerca di qualcosa che sotto metri di neve addormentato poi vola, con discrezione come un sogno nascosto nel cassetto che viene realizzato…
Ancora un mese e questo inverno finirà, arriverà la primavera e tutti diranno che si ricomincia come se nulla fosse accaduto, come se sotto la neve, in attesa, non vi fosse già quel che di colori esplode quando malgrado il freddo l’emozione si schiude.
Queste sono le mie sensazioni d’inverno e non le voglio far passare in fretta, le voglio tenere strette a me nel ricordo di un tempo che non ho lasciato andare, che non ho disprezzato per altro che freme d’accadere.
Cyranò è l’uomo che non vive ma sogna, è l’uomo intrappolato nel suo inverno, è l’uomo che audace affida alla fata immaginaria la sua energia vitale perché questa la possa trasformare in polvere di stelle che si posa sulla neve disegnando forme che raccontano avventure, impossibile a raccontarsi…
La fata è la poesia che crea le sensazioni che diventano seduzioni che si traducono in sospiri e così si sopravvive all’inverno e al suo gelo, così indifferente di un germoglio d’amore che vuole schiudersi al primo sole.
Un affettuoso abbraccio amici di questo mondo raggelato
che sempre sapete ispirarmi perché io racconti il visto e il velato.
vostra poetessa e scrittrice dell’anima
Daniela Schiarini